Il diritto successorio è argomento spinoso e complicato che trova una sua disciplina nel Libro II, dagli artt.456 e seguenti del c.c.. La successione puo’ essere legittima e/o testamentaria: con la prima si intende quella legale prevista dal diritto e che poggia sul vincolo familiare, la seconda – che postula l’esistenza di un testamento – realizza le “ultime volontà” del de cuius che, comunque, non possono ledere la c.d. “legittima” ovvero la quota che la Legge garantisce comunque ad alcuni soggetti (coniuge superstite e/o figli, ascendenti ex art 536 c.c.) anche in presenza di testamento. L’accettazione è la modalità attraverso la quale si acquista l’eredità: può essere espressa o tacita e, all’interno della prima categoria, può avvenire puramente e semplicemente o con beneficio di inventario (modalità obbligatoria nel caso di beneficiari minori e/o incapaci). L’accettazione espressa dell’eredità è una dichiarazione formale, resa in un atto pubblico innanzi ad un Pubblico Ufficiale (notaio o cancelliere) o in una scrittura privata autenticata, a cura dell’erede. Tale dichiarazione non può essere soggetta né a termine nè a condizione, pena la nullità ex art. 475 c.c.. L’accettazione è tacita quando, in difetto della suddetta formalità, il chiamato all’eredità compie uno o più atti che presuppongono la sua volontà di accettare: si tratta di fattispecie, come ad esempio la vendita di un bene ereditario, che il chiamato erede non avrebbe diritto di compiere se non volesse accettare l’eredità; al contrario, non configura accettazione dell’eredità la presentazione della dichiarazione di successione, in quanto è un obbligo previsto dal legislatore. L’accettazione dell’eredità (espressa o tacita) può essere validamente effettuata dai chiamati alla successione nel termine di 10 anni dal momento dell’apertura della successione, ai sensi dell’art. 480 c.c..
Gli effetti dell’accettazione, in qualsiasi momento venga effettuata, retroagiscono nel momento in cui si è aperta la successione. Con l’accettazione dell’eredità si subentra nel patrimonio, ovvero nella quota di patrimonio oggetto dell’eredità, del de cuius. Tale patrimonio è l’insieme dei beni mobili ed immobili, dei crediti come dei debiti. Quindi, con l’accettazione dell’eredità consegue che l’erede accresce e confonde il proprio patrimonio con quello ricevuto in eredità; pertanto, in caso di debiti ne risponderà con tutto il suo patrimonio (quello ereditato unitamente a quello antecedente l’accettazione e quello futuro ex art.2740 c.c.). La legge, al fine di tutelare l’erede, ha previsto l’accettazione con il beneficio d’inventario che consente, ai sensi dell’art. 490 c.c., di tenere distinti il proprio patrimonio con quello oggetto di eredità, al fine di rispondere di eventuali debiti ereditari, ma solo nei limiti del patrimonio ereditato. Proprio per la ratio di tutela dell’erede, l’Istituto dell’accettazione con beneficio d’inventario è obbligatoria in alcuni casi particolari per tutelare soggetti giuridicamente più deboli (minori e i minori emancipati, gli interdetti, gli inabilitati, le persone giuridiche, le fondazioni, le associazioni e anche gli enti non riconosciuti) previsti negli articoli 471, 472, 473 del Codice Civile. Anche nei casi in cui l’accettazione con beneficio d’inventario è obbligatoria, essa non è automatica ma presuppone sempre una volontà che si esplica attraverso la richiesta di autorizzazione al Giudice Tutelare avanzata da chi ha la rappresentanza dell’erede incapace (per età o condizione). La dichiarazione di accettazione con beneficio d’inventario (munita di autorizzazione del Giudice Tutelare nel caso di soggetti minori e/o incapaci) deve essere presentata ad un Notaio ovvero al cancelliere del Tribunale competente territorialmente (nel cui circondario, viveva al momento del decesso, il de cuius). La dichiarazione va inscritta nel Registro delle Successioni presso il Tribunale e trascritta se vi sono beni immobili. Si deve procedere, altresì, alla redazione dell’ inventario dei beni facenti parte dell’eredità, ciò può essere fatto prima o dopo l’accettazione, Si tratta di un’operazione contabile che permette di conoscere le attività e le passività che fanno parte del patrimonio ereditato e l’inventario deve essere redatto dal notaio o dal Cancelliere del Tribunale. Premesso quanto precede, possiamo affrontare la questione sollevata da un lettore, in ordine alle spese funerarie e se le stesse possano costituire accettazione tacita dell’eredità, ovvero se tale pagamento possa essere qualificato come un “fatto concludente” che implicitamente presuppone la volontà del “chiamato” ad accettare l’eredità, con tutte le conseguenze – sotto il profilo giuridico ed economico-patrimoniale – che questo comporta. Le spese funerarie, secondo la giurisprudenza e dottrina, pur non costituendo “debiti ereditari” trasmissibili con il patrimonio del de cuius secondo le modalità sopra descritte, sono qualificati come “pesi ereditari”, cioè oneri che sorgono in conseguenza dell’apertura della successione e che, comunque, gravano sugli eredi per effetto dell’acquisto dell’eredità (Cass. Civ. 1994/2016). Affinchè via sia una responsabilità giuridica al pagamento di tali spese è necessario che il chiamato o i chiamati all’eredità abbiano accettato, non essendo sufficiente la “chiamata all’eredità”. Quindi, allo steso modo non potrà essere ritenuto responsabile al pagamento colui che ha rinunciato all’eredità, anche se la rinuncia è successiva al funerale. Invero la rinuncia all’eredità opera con effetto retroattivo e quindi una volta rinunciato è come se il rinunciante non fosse mai stato chiamato all’eredità. Al contempo la circostanza di aver pagato le spese funerarie non costituisce un comportamento qualificabile per “fatti concludenti” all’accettazione dell’eredità. Invero, il pagamento di tali spese è considerato “l’espressione di un dovere morale e familiare, da non potere, dunque, ricondurre tout court all’adempimento di un peso ereditario. Si tratta, pertanto, di un atto che non può costituire accettazione tacita dell’eredità ” questo è quanto stabilito espressamente dal Tribunale di Varese (Ufficio V.G. decreto 31.10.11).
Avv. Felice Sibilla
felicesibilla@libero.it – www.studiolegalesibilla.it